Invocation – The Mastery Of The Unseen

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Per l’ascoltatore medio di metal estremo può essere piacevole tanto lanciarsi alla scoperta di nuove ed ardite sperimentazioni quanto ripercorrere sentieri già noti, per rivivere quelle emozioni primordiali che all’inizio l’avevano portato ad accostarsi a questo genere musicale. Possibile veicolo di questo tuffo nel passato, tra i molti gruppi fedeli alle sonorità old style, potrebbero benissimo essere i cileni Invocation, power trio di recente formazione, che fa del black/death più fosco e ritualistico il proprio cavallo di battaglia e credo esclusivo. I nostri hanno alle spalle un demo (“Seance Part. I”), uscito in cassetta per la Godz Of War Productions nel 2016, ed ora tornano alla carica con questo “The Mastery Of The Unseen”, breve ep che viene pubblicato in formato 7” per la sempre attivissima Iron Bonehead Productions e ci propone due pezzi ferali e brutali, impregnati fino al midollo dell’odore infernale dello zolfo. Gli Invocation seguono solo in parte il classico approccio sudamericano ed il loro sound è sì diabolico e votato alla celebrazione delle forze oscure, come da copione, ma mantiene una struttura ordinata e mette in evidenza un piglio occulto che spesso nei gruppi provenienti da quell’area geografica si perde in un vortice di cacofonia che finisce per rendere i pezzi troppo caotici ed in sostanza identici l’uno all’altro.

Qui questo rischio è fortunatamente scongiurato grazie alla capacità della band di costruire brani caratterizzati e distinguibili: infatti “Ouija (Mystifying Oracle)” è una canzone tagliente e veloce, incardinata su un riffing essenziale ma dannatamente efficace, che strizza l’occhio a soluzioni più thrasheggianti, mentre la successiva e conclusiva “The Spirit Trumpet” è una litania di morte, strisciante e paludosa, che alterna rallentamenti claustrofobici a vorticose ripartenze, con buon gusto e capacità di sintesi; l’accoppiata funziona e consente di portare a compimento con soddisfazione l’operazione “back to the roots” che il nostro immaginario ascoltatore si riproponeva di fare. Certo dieci minuti di musica e due soli brani non sono molti per avere un giudizio complessivo e bisognerebbe vedere come i nostri sapranno cavarsela con lavori di maggiore durata, nei quali l’effetto ripetizione può, per forza di cose, fare capolino più facilmente. Tuttavia le premesse sono decisamente incoraggianti e gli Invocation potrebbero in futuro risultare molto appettibili per i sostenitori di gruppi come Incantation, Sadistic Intent e primi Morbid Angel.