Come d’abitudine sulle pagine virtuali di questa nostra webzine andiamo a scovare realtà dall’underground più profondo e ve le proponiamo, nella speranza che possano risultare interessanti per il lettore. Questa volta tocca ai colombiani Siete Lagunas, duo proveniente da Bogotà e formato da Francisco Fernández López alla chitarra e Antonio Espinosa Holguín alla voce e alla batteria. La band è nata solo un anno fa e ha prodotto due demo, che ora vengono ristampati insieme dalla connazionale La Caverna Records in formato cd e in edizione limitata a trecento copie. Il black metal che ci propongono questi due scellerati è molto secco e minimale e per l’estrema linearità delle strutture non può che ricordare i primi lavori di Ildjarn e Burzum, quest’ultimo chiamato fortemente in causa anche con riferimento al cantato, folle, disperato e lacerante. L’assenza del basso fa sì che tutto sia giocato sull’accoppiata chitarra/batteria, sulla quale si innesta la voce, con rantoli da bestia sgozzata.
I Siete Lagunas non propongono nulla di effettivamente originale e la loro preparazione tecnica è assai discutibile, eppure riescono in qualche modo a risultare personali ed a catturare l’attenzione dell’ascoltatore con una musica viscerale ed evocativa al tempo stesso, che riesce ad essere addirittura poetica nella sua scarna essenzialità amatoriale: con pochi elementi i nostri riescono a dipingere efficacemente un paesaggio brullo, selvaggio e decadente, tra sterpaglie, paludi mefitiche e carcasse in decomposizione, ed a veicolare uno stato d’animo coerente, di mesta rassegnazione e amarezza. Tutti i pezzi sono coesi ed è inutile citarne uno a discapito di un altro, in quanto rappresentano all’evidenza i pezzi di un puzzle che va fruito nella sua interezza, con alcune piccole diversificazioni, come ad esempio l’uso sporadico della bandola (strumento simile al mandolino), che conferisce un tocco di intimismo folk acustico ad alcuni brevi passaggi. Personalmente ho apprezzato molto il contrasto efficace tra una musicalità davvero primitiva e feroce ed i testi (opera dei nostri tranne “Los Bosques De Arcadia”, libero adattamento del poema di William Butler Yeats “The Song Of The Happy Shepherd”), che invece sono brevi ed intense pennellate, liriche e suggestive. Cito a titolo di esempio quello di “La Reina De Las Moscas”, particolarmente ispirato: “Los sabios me temen. / Ardido de asco alcé sus velos, / ardido de asco fui a buscarla. / A ella, mi deseo más alto, / hermana del eco y de los vientos”. Non credo sia interesse dei Siete Lagunas proporre qualcosa di più professionale o di meglio registrato nè di uscire dalla dimensione più sotterranea ed artigianale dell’underground e per stavolta va bene così: se siete incuriositi recuperate questo demo e dategli almeno un ascolto; sicuramente siamo di fronte ad un lavoro genuino.