Non é impresa facile mantenere viva la fiamma della creatività dopo sette full length albums, ma Narqath, mente e motore degli Azaghal (oltre che dell’ottimo progetto Wyrd) sembra avere un serbatoio di idee davvero molto capiente, che gli permette di far esprimere la propria band in questa ottava fatica sulla lunga distanza su livelli più che buoni. “Teraphim” rappresenta un po’ la summa di quanto fatto finora dal combo finlandese, una sorta di riassunto di una carriera che non ha conosciuto particolari cali di tono né clamorose variazioni stilistiche. In questo disco ritroviamo infatti la furia iconoclasta dei primi lavori del gruppo, quei “Helvetin Yhdeksän Piiriä” e “Mustamaa” da molti considerati delle autentiche pietre miliari del black metal di estrazione finnica, la cui influenza si riverbera soprattutto in un riffing gelido e sferzante, perfettamente in linea con i dettami della tradizione più classica, colmo di quell’attitudine infernale che appartiene soltanto alla musica nera più genuina. In molti frangenti vengono prepotentemente in superficie le riminescenze thrash che hanno sempre caratterizzato il background del gruppo e che avevano trovato la loro espressione più compiuta in un album come “Codex Antitheus“. Songs come “Filosof” e “Uhrattu” sono un esempio lampante di quanto appena detto: due stilettate micidiali che colpiscono nel segno chiamando in causa addirittura i primi Bathory. Il tutto é sottolineato da un perfetto senso della melodia che permea ogni nota e rende i pezzi incredibilmente fluidi e scorrevoli, facilmente memorizzabili all’ascolto. Come nel predecessore “Omega“, di cui quest’opera costituisce sostanzialmente la prosecuzione musicale, non manca neppure qui qualche lieve sfumatura epica (per esempio nella lunga e articolata “Hänen Musta Liekkinsä”), che completa il quadro di un disco che, pur con diverse sfumature, resta monolitico nella sua ortodossia. Gli Azaghal hanno sfornato un altro lavoro all’altezza della loro fama, un concentrato di black terror metal che, se non raggiunge i picchi dei capolavori degli esordi e pecca inevitabilmente in originalità, resta comunque un esempio di come al giorno d’oggi si possa suonare con dedizione e coerenza assolute questo tipo di musica con risultati convincenti.
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