Burzum – Sôl Austan, Mâni Vestan

0
1204

Quarto disco di Burzum dopo l’uscita dal carcere di Varg Vikernes, “Sôl Austan, Mâni Vestan” (tradotto dal norvegese antico: ad est del sole, ad ovest della luna), segna il ritorno del Conte all’ambient delle due opere concepite nelle patrie galere, ovvero “Dauði Baldrs” e “Hlidskjalf”. Si tratta di un disco descritto dallo stesso autore come musica elettronica e strumentale, vicina ai Tangerine Dream. E così è in effetti. L’evocativa immagine di copertina (particolare tratto dal “Ratto di Prosperpina”, opera del pittore spagnolo Ulpiano Checa) ben rappresenta la musica che andremo ad ascoltare: rilassante, contemplativa e tragica ad un tempo. I brani, com’è logico attendersi, sono costruiti su strutture molto semplici, con poche linee di tastiera e di pianoforte che vanno di tanto in tanto ad intrecciarsi con elementari arpeggi di chitarra acustica, percussioni e qualche sporadico elemento orchestrale, sulla scia, oltre che delle opere citate, dei primi lavori di Mortiis e delle numerose uscite pubblicate dalla Cold Meat Industry nella prima metà degli anni novanta. Ovviamente per alcuni tutto ciò potrà risultare estremamente monotono, ma poco importa. Burzum è per i sognatori e di sicuro non è interesse di Vikernes compiacere i propri detrattori. Bisogna tenere presente in ogni caso che il disco nasce come colonna sonora del lungometraggio “Forebears”, realizzato da Marie Cachet, moglie di Vikernes, incentrato sulle tradizioni religiose primitive, e che quindi come tale va fruito. Il dipanarsi delle note descrive il concept, che narra “della discesa tra le tenebre e della successiva ascesa nella luce; dell’iniziazione pagana, dell’elevazione dell’umano al divino, dell’illuminazione della mente, dell’alimentazione della luce elfica nell’uomo”, sempre per usare le parole dello stesso Vikernes. Forse meno teso, potente ed ispirato dei suoi predecessori e certamente meno carico di valenze sperimentali, “Sôl Austan, Mâni Vestan” riesce comunque ad inanellare una serie di melodie dal mood tutt’altro che oscuro ma suggestive ed affascinanti (la conclusiva “Sôlbjörg”, ossia alba, è semplicemente magnifica), capaci di dare consistenza ad un corpus mitologico e leggendario di matrice nordico-pagana, reinterpretato attraverso la musica ambientale con grande efficacia. Nella dicotomia sole/luna e quindi luce/tenebre, Burzum dipinge l’ennesimo viaggio mistico-iniziatico verso una dimensione del tempo e dello spazio che trascende del tutto l’hic et nunc. Pur con tutte le contraddizioni legate alle sue imprese extra-musciali, dopo due ottimi albums di epic/pagan black metal come “Belus” e “Fallen” e la svolta più intimista del meno riuscito “Umpskiptar”, il Conte torna al passato in maniera convincente, con un disco che sarà in grado di emozionare se ascoltato senza pregiudizi e nello stato d’animo adatto.

REVIEW OVERVIEW
Voto
70 %
Previous articleHorde Of Hel – Blodskam
Next articleNazxul – Iconoclast
burzum-sol-austan-mani-vestanTRACKLIST <br> 1. Sôl Austan; 2. Rûnar Munt Þû Finna; 3. Sôlarrâs; 4. Haugaeldr; 5. Feðrahellir; 6. Sôlarguði; 7.Ganga At Sôlu; 8. Hîð; 9. Heljarmyrkr; 10. Mâni Vestan; 11. Sôlbjörg <br> DURATA: 58 min. <br> ETICHETTA: Byelobog Productions <br> ANNO: 2013