Quarta fatica sulla lunga distanza per i lucani Ecnephias, band capitanata dal singer Mancan e reduce dalla pubblicazione dell’ottimo “Inferno” e della recente antologia “Cold Winds From Beyond”. Rispetto al suo predecessore, che aveva riscosso critiche molto positive e creato legittime aspettative, questo “Necrogod” presenta diversi elementi di chiara continuità ed altri di relativa rottura (come ad esempio la rinuncia all’uso della lingua italiana, che viene completamente abbandonata), che segnano il percorso evolutivo dei nostri, sempre costante fin dai loro esordi, risalenti all’ormai lontano 1996. I rigurgiti black, che facevano parte del background musicale del gruppo nostrano, sono scemati gradualmente nel corso degli anni, sostituiti da influenze di diversa natura, che hanno portato a strutturare un sound del tutto peculiare, allo stato attuale immediatamente riconoscibile. Definirei la musica degli Ecnephias come una sorta di “mediterranean extreme occult metal”, con tutti i limiti che può avere un’etichetta di questo tipo. L’heavy metal nella sua accezione più tradizionale costituisce la spina dorsale della composizioni, che hanno un andamento ora suadente, ora malinconico, ora più “in your face” ora più enfatico e teatrale, lasciandosi contaminare da suggestioni provenienti dal dark, dal gothic, dal folk e in minima parte da certo death melodico. Il tutto ha un’impronta personale, anche se i padri putativi degli Ecnephias sono facilmente riconoscibili: Rotting Christ (non per nulla Sakis è ospite della conclusiva e bellissima “Voodoo-Daughter Of Idols”), Necromantia, Paradise Lost, Septic Flesh e Moonspell. I nostri sono abili nel rendere di facile ascolto ed assimilazione un insieme musicale che nelle mani di altri avrebbe potuto risultare indigesto e pretenzioso: l’album infatti scorre fluido e si concede ascolto dopo ascolto, mostrando le molte sfaccettature che si nascondono sotto il velo di un’apparente semplicità. Il concept lirico non è certo secondario nell’economia dell’opera: i testi trattano delle religioni precristiane (greco-egizie, azteche, indiane, voodoo) e si traducono in altrettante invocazioni a divinità minacciose, sepolte dalle sabbie del tempo. Su di essi la musica plasma il suo piglio rituale e prende corpo in episodi multiformi, cangianti ma sempre coerenti ed equilibrati. L’apertura affidata all’orientaleggiante intro “Syrian Desert” conduce a “The Temple Of Baal-Seth”, episodio dall’afflato oscuro e misterioso, costruito su una melodia di immediata presa e retto da un chorus in portoghese avvolgente ed a suo modo romantico. Il resto dell’album si snoda attraverso brani che mantengono intatte le caratteristiche dell’opera: vi è spazio anche per la violenza, come nella title track o in “Anubis-The Incense Of Twilight” ma sono sempre le affascinanti melodie a farla da padrone, declinate attraverso chitarre maideniane (lo spettro di Harris e soci aleggia soprattutto sui solos) ed ottimi tappeti tastieristici, evocativi e notturni, sempre puntuali nel sottolineare i cambi di tempo ed atmosfera e nel conferire al lavoro quel feeling magniloquente e sinistro che ne rappresenta la cifra essenziale. Non vi è alcun riempitivo ed ogni canzone è un tassello cesellato e ben concepito, fino alla conclusione affidata alla già citata “Voodoo-Daughter Of Idols”, suite sinuosa e tribale, che nei suoi sette minuti di durata rappresenta la summa di quella che è oggi la musica degli Ecnephias. La strumentale “Winds Of Horus” (che per qualche motivo mi ha ricordato “Losfer Words (Big ‘Orra)”) fa calare il sipario su un disco maturo e solido, che potrebbe rappresentare per la band italiana la definitiva consacrazione. Il perfetto contraltare della musica è costituito dal cantato di Mancan, in grado di passare da un growling secco e chirurgico a parti in clean vocals calde e suggestive, che abbracciano lidi dark/gothic e lambiscono territori folkeggianti. La produzione è ottima: potente, pulita e precisa nel mettere in risalto in egual misura tutti gli strumenti e la performance vocale. Concludo proponendo un paio di accostamenti, che potranno risultare sorprendenti, ma che non lo saranno per l’orecchio allenato: ascoltate bene gli Ecnephias e ditemi se non ci sentite qualcosa dei Therion dell’epoca “Lepaca Kliffoth” e dei Litfiba della trilogia del potere. Un disco così ricco e variegato è degno di essere il punto conclusivo di una coerente evoluzione musicale e rende gli Ecnephias una delle realtà più interessanti in circolazione nel panorama metal.
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