Avete presente la convenzionalità in un genere? Ecco, i Voodus ci vanno davvero vicini ma si salvano per il rotto della cuffia. Nati nell’anno del Signore 2004 con il moniker Jormundgand, sotto il quale registreranno due ep e un full lenght, nel 2015 decidono di cambiare nome per poterci deliziare, dopo altri due ep, con questo debutto dalle tinte mistiche e malvagie, che prende il nome di “Into The Wild”. In comune l’omonimo film che sbancò i botteghini abbiamo solo il freddo, in quanto se il primo fu girato in Alaska, questo disco proviene direttamente dalla madrepatria del black metal melodico, la Svezia. Ed è proprio questo la croce e delizia di “Into The Wild”, le due facce della stessa medaglia, il suono che ormai sta diventando pane quotidiano per grandissima parte di nuove black metal bands, questo blackened death che sembra essere il nuovo “power degli anni novanta”. Intendiamoci, non c’è alcun male nel proporre un genere che al giorno d’oggi sta spopolando nel segmento più estremo del metal, ma è fondamentale che tutto ciò venga fatto con dedizione e personalità, altrimenti il rischio non è solo di cadere nel dimenticatoio immediatamente, ma di non essere neppure presi in considerazione dagli estimatori della fiamma nera, considerato il numero incredibile di uscite discografiche a cui stiamo assistendo. I Voodus suonano bene, si sente subito quando la passione è forte e l’elemento che accende la scintilla è l’odio verso il cristianesimo e qualsiasi essere vivente (una killer song come “Communion Amid The Graves” non l’avrebbero scritta neppure con le mani di un altro in caso contrario); hanno tutte le carte in regola per poter buttare giù muri e sterminare legioni di cristiani ma nonostante tutto ciò purtroppo la proposta della band è dannatamente simile a tante altre che mai come quest’anno ci sono pervenute qui in redazione.
A differenza di molte bands qui si percepisce tuttavia una capacità strumentale che va oltre la qualità media odierna nel mondo underground, sempre tuttavia rimanendo ben ancorati alla matrice vincente che fece la fortuna dei ben più noti Dissection (basta ascoltare le due parti di “Dreams From An Ancient Mind” per rendersene conto!). Le fortune di questo disco portano il nome di Erik Kjönsberg e Tobias Fongelius, compagni di vecchia data già nei Jormundgand, che compiono un lavoro superlativo sul piano melodico, solistico e ritmico con le loro asce e, complice un’interpretazione vocale carica di rabbia sempre controllata, riescono a dare quell’equilibrio che spesso manca ai lavori come questo, riuscendo nell’intento in maniera più che discreta. I solos sono presi a piene mani dalla scuola più classicamente heavy (basta sentire la già citata “Communion Amid The Graves”), regalando ai brani una maggiore dinamicità, che viene invece sacrificata soprattutto nelle composizioni più lente e atmosferiche. Fanno pure capolino gli instancabili Marduk come fonte di ispirazione dei Voodus, soprattutto quelli dei primissimi lavori, per quanto riguarda la sezione ritmica. “Into The Wild” è un lavoro che definirei epico e malsano, suonato impeccabilmente, ma che non ha quel brano che gli dia il lasciapassare attraverso le porte dell’inferno per potersi consacrare come un ottimo disco. Considerato che si tratta di un debut album c’è da ammirare la qualità dei suoni prodotti nonché la complessità di ogni song ma, per l’assenza di un ritornello o di un fill capace di farti staccare la testa dall’headbanging forsennato, questo disco non riesce mai a decollare definitivamente, un po’ come un PZL.38 Wilk polacco. In ogni caso fiducia piena per questi bifolchi svedesi in attesa del prossimo lavoro e con la speranza di vederli live, magari a supporto di qualche mostro sacro in tour, per massacrare colli e vertebre.