Dopo una lunga attesa vede finalmente la luce quello che si preannunciava l’album “svolta” della carriera di Nargaroth. In realtà “Spectral Visions Of Mental Warfare” rappresenta il perfetto continuum artistico a cui l’eclettico Kanwulf/Ash ci ha abituato nel corso degli anni, partorendo opere sempre differenti tra loro ma unite da un sottile ed inconfondibile filo conduttore che caratterizza da sempre lo stile del nostro. E come ogni nuova uscita anche questa ha sollevato molte voci discordanti tra chi è rimasto del tutto spiazzato e deluso e chi, come me, ha saputo apprezzare le nuove incursioni stilistiche che rendono unico questo disco, esattamente come i suoi predecessori. Il concept dell’album è incentrato sul tema della follia e della disperazione che deriva dai vani tentativi di comprendere le nostre intime verità, disperazione ben palpabile canzone dopo canzone così come è percepibile il senso di frustrazione di fronte alla contraddittorietà della mente umana. C’è da dire che questo lavoro, estremamente sentito e personale, è il frutto di un lungo percorso psicoanalitico intrapreso dal mastermind tedesco dopo un triste episodio che ha segnato profondamente la sua vita e cambiato la sua visione del mondo. Ad aprire l’album “Odin’s Weeping For Jördh”, strutturata su una semplice base tastieristica a tratti epica – con un sottofondo di ululati, corvi gracchianti, pioggia – e il cui tema principale verrà ripreso più avanti nella seconda parte della song. La successiva “An Indifferent Cold In The Womb Of Eve” ricorda sin dalle prime battute la bellissima “Dunkelheit” di Burzum, con le sue meste note di tastiera e l’incedere lento e ipnotico. La prima “sorpresa” giunge con la terza “Diving Among The Daughters Of The Sea”, pezzo strumentale dal mood ambient/cosmico non del tutto nuovo, dal momento che riprende elementi già utilizzati in “As The Stars Took Me With ‘Em” presente in “Amarok”. “Journey Through My Cosmic Cells – The Negation Of God” è la traccia che probabilmente ha più shockato coloro che hanno storto il naso ascoltando questo disco. Infatti ci troviamo di fronte a una sorta di electro-pop che Kanwulf sperimenta per la prima volta nella sua carriera, e , a mio avviso, lo fa molto bene. Certo è che l’effetto sorpresa – sia in positivo che in negativo – è assicurato. All’elemento elettronico si sovrappone nel finale un maestoso tappeto di tastiere creando così un mix davvero azzeccato e suggestivo. Il pezzo migliore del lotto è a mio parere “A Whisper Underneath The Bark Of Old Trees”, una delle song dal minutaggio più corposo, insieme alla title track. In questo pezzo, suddiviso in tre episodi, emerge in maniera preponderante lo stile del Nargaroth più classico e forse più amato dai fans. Un testo molto breve – poche in generale sono le parti cantate – accompagna una melodia struggente che lascia spazio, dopo qualche minuto, ad un folle e tragico monologo che racchiude perfettamente il significato e l’essenza dell’album. E’ quindi il momento della song che dà il titolo all’album, “Spectral Visions Of Mental Warfare”: una lunga suite di dieci minuti che segue la scia della precedente canzone. Il riffing, malinconico e disperato, si ripete incessantemente subendo pochissime variazioni di stile, ribadendo la peculiarità propria di questo artista. Degna di attenzione è anche la conclusiva “March Of The Tyrants”, altro pezzo strumentale dalle sononità elettroniche che, intrecciandosi col mood cosmico, ricrea un’atmosfera dalle tinte surreali. Mi è poco chiaro il motivo dello sgomento suscitato da questa nuova release, chi conosce bene Nargaroth dovrebbe essere abituato alle “sorprese”. L’errore più grosso è forse quello di avere delle apettative ben precise, sulla base dei lavori precedenti, che puntualmente vengono deluse. Non si può nemmeno affermare che sia una “trovata” particolarmente originale, visto che altri gruppi come ad esempio i Beherith hanno in passato sperimentato questo approccio musicale che mescola generi completamente diversi tra loro. D’altra parte non ci si può aspettare un commento costruttivo da parte di persone che non conoscono minimamente il gruppo in questione e che si lanciano in strane definizioni paragonando le sonorità di questo disco alla musica techno o accostandolo al black metal omosessuale in stile Alcest. Personalmente ho trovato quest’opera estremamente valida sotto ogni punto di vista, un gioiello carico di emozioni estreme e profonde che i fedelissimi non si lasceranno di certo sfuggire.
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