L’Ordre du Temple è una interessante one man band che ci propone un “esoteric medieval black metal”; dopo l’uscita del materiale d’esordio all’interno di uno split risalente al 2006, oggi possiamo gustarci il primo full-length di questa particolare realtà nostrana. “In Hoc Signo Vinces” si presenta in una edizione molto curata; abbiamo sentito Davide, la mente che si cela dietro a L’Ordre du Temple, per scoprire alcuni particolari sul suo progetto.
Per cominciare, presenta il tuo progetto ai nostri lettori. Quale è la storia de L’Ordre du Temple?
L’Ordre du Temple si inserisce all’interno di un complesso percorso concettuale, iniziato verso la metà degli anni novanta e tuttora in costante evoluzione. Tale percorso non ha seguito una strategia determinata a priori, ma si è materializzato in modi diversi a seconda delle circostanze, degli stati d’animo e delle particolari propensioni susseguitesi nel corso degli anni.
Concentrandoci nel periodo che qui ci interessa, verso il 2006 ho inteso proseguire quanto iniziato con il mini cd dei Dolcinian e con la tape dei Fourth Monarchy, dando alla luce “Tripudium”, split cd con altre due valide bands italiche, ossia Teuta e Ringwraith.
Di lì a poco, mi fu proposto da una nuova e promettente label italiana, la My Funeral Records, di realizzare un lavoro che potesse costituire una sorta di sintesi di quanto da me creato fino ad allora, una specie di ricapitolazione attraverso cui potermi sbizzarrire non solo in termini sonori, ma anche visivi e concettuali. L’accettazione di questa proposta corrisponde appunto alla realizzazione di “In Hoc Signo Vinces”.
Cosa ti ha spinto a far rilasciare questo interessante “In Hoc Signo Vinces” contenente sia materiale inedito che materiale di uno split al quale hai preso parte?
L’album di per sé è qualcosa che avevo in mente da molto tempo, ed a cui ho lavorato in modo costante e profondo, pur non essendomi mai posto degli obiettivi concreti circa le modalità e la tempistica della sua pubblicazione. I 3 brani dello split costituiscono una sorta di trilogia esoterica, certamente diversa sia concettualmente che musicalmente rispetto agli altri brani, ma paradossalmente quel materiale non poteva non essere incluso nel nuovo album, ne erano parte integrante. Così ho deciso di recarmi nuovamente in studio per far mixare i vecchi brani e renderli più omogenei al resto del lavoro.
Contemporaneamente, mi sono adoperato affinché lo studio grafico avesse tutto il materiale necessario per la realizzazione di un artwork che fosse corrispondente al valore concettuale dell’opera, ed a tal fine ci siamo recati in svariati luoghi d’Italia (in particolare Veneto, Abruzzo e Lombardia) per raccogliere immagini, scorci, forme e quant’altro.
La tua proposta è abbastanza particolare, se dovessi illustrarla a chi ancora non ha sentito niente de L’Ordre duTemple come la descriveresti?
L’etichetta definisce la mia musica “esoteric medieval black metal”, e non vedo grandi obiezioni da sollevare nei confronti di una dicitura simile, pur con tutte le più banali riserve circa l’utilizzo del vocabolo “black” associato al sound da me proposto.
Rispetto ai pezzi più vecchi, il nuovo materiale è pulito e raffinato. Cosa ti ha spinto a optare per una soluzione stilistica maggiormente cristallina rispetto al passato?
La differenza di cui parli è conseguenza di una serie di scelte strettamente tecniche, come ad esempio il suono di base dei synth, gli effetti della chitarra, e soprattutto l’utilizzo di percussioni più lente e marziali. Tutto ciò ha reso il suono generale molto più nitido e maestoso, direi quasi avvolgente rispetto alla ruvidità del primo lavoro.
Non è frutto di una scelta precisa, è accaduto molto spontaneamente.
Quali sono gli ascolti che ti hanno influenzato in modo particolare per la stesura dei brani?
Penso che l’aura dei Summoning sia facilmente percepibile, per lo meno nel sound generale, e d’altronde ritengo che la mia grande ammirazione per una band come i Crown of Autumn si sia inevitabilmente fatta sentire.
Il concept da te trattato, sui Cavalieri Templari, è sicuramente molto interessante. Puoi parlarci nel dettaglio delle tematiche che curi nei testi e nell’estetica della tua band?
Va fatto un distinguo tra i brani del nuovo lavoro e quelli contenuti nel vecchio split. Per ciò che riguarda le nuove tracce, come hai giustamente anticipato, esse trattano di templarismo, ma lo fanno in modo puramente simbolico, allegorico direi, senza che vi sia la narrazione di fatti o episodi. In sostanza, mi limito a comunicare con l’ascoltatore solo attraverso la simbologia.
E’ evidente che, senza conoscere il significato delle simbologia, quelle liriche possono risultare alquanto ostiche, ma d’altro canto la ricerca della chiave di lettura non è cosa eccessivamente difficile, e dunque spetterà all’ascoltatore decidere se approfondire o meno la questione.
Nei vecchi brani, invece, non vi è nulla di mio a livello di testi, poiché mi sono limitato a riportare le parole degli autori nella lingua originale, senza aggiungervi nulla.
C’è qualche libro che possiamo considerare inerente a queste tematiche al quale fai riferimento?
Il mio consiglio per i neofiti è solitamente quello di cominciare con “Il Pendolo di Foucault” di Umberto Eco. E questo non perché il romanzo di Eco contenga particolari approfondimenti sulle questioni da me trattate, poiché si tratta pur sempre di un romanzo, anche se scritto divinamente.
Esso, anche se in modo velato, offre un metodo che può aiutare a districarsi in quel marasma di immondizia letteraria di cui sono saturi gli scaffali delle librerie, dove si spaccia per scienza la fantascienza e per storia la narrativa.
Con un buon metodo, ogni ricerca diventa assai più semplice.
Come evolverà L’Ordre du Temple nell’immediato futuro? C’è qualcosa in progetto?
Per ora assolutamente nulla.
Può darsi che l’evoluzione di tutto ciò si concretizzerà nel nuovo album dei Dolcinian, ma non vi è nulla di certo.
L’intervista finisce qui. Termina a tuo piacimento…
Vi segnalo il nuovo lavoro dei Fourth Monarchy, “Amphilochia”, un disco che vi impressionerà.