Nel music business le vicende ti portano a fare dei percorsi assurdi sia verso una direzione che in un’altra. Ci sono bands che riescono a colpire subito nel segno ed esordire praticamente nell’immediato con album prodotti e distribuiti in maniera egregia, avendo così le porte del business spalancate. Ci sono altre bands che seguono la trafila “normale”, ossia, una demo tape, qualche concerto a supporto, disco autoprodotto, investimenti di tasca propria per fare da spalla ad altre bands più blasonate con la speranza che qualcuno si accorga di loro e, alla peggio, si saranno tolti qualche sfizio di gioventù. Poi ci sono loro, i Letheria, combo death metal proveniente dalle lande finlandesi che, formatosi nel 1998 dalla mente perversa di M. Pellinen, riesce a debuttare in formato full lenght solo quest’anno, dopo aver dato alla luce ben sette demo e tre ep di discreta qualità. Non ci è dato sapere se sia stata una scelta della band oppure vicissitudini che hanno portato questi ragazzi ad affrontare questo lungo e tortuoso percorso. Tuttavia, disco alla mano dal titolo “Death – Principle”, possiamo dire che il gruppo ha tirato fuori un discreto prodotto di sano e robusto death metal dalle forti venature black, con inserti melodici e oscuri degni della tradizione scandinava. L’alone di misticismo, autodistruzione e pessimismo è tangibile dalle prime note dell’opener che, nemmeno il tempo di far iniziare un’intro sinistra, con voci che sembrano evocare alcuni Dei babilonesi di lontana memoria, ci piazza un basso distorto che da subito il via al massacro collettivo.
Le harsh vocals di Pellinen sono cancerogene e stanno a metà strada tra un death di bassa lega e un black più elaborato, incazzato e prepotente, dove spesso e volentieri del becero thrash fa capolino. I riferimenti alla scuola classica sono onnipresenti in tutte le undici tracce del platter e le sensazioni di malessere sono condivise minuto dopo minuto. Non vi sono sussulti qualitativi ma un unico filone di rabbia per tutti i quarantacinque minuti di durata, con un’enfasi spiccata sulla follia che il combo vuole trasmettere con questi brani davvero malsani. Tra tutti spiccano “Pestchrist” che, grazie all’ottima performance vocale, sembra invitare qualche entità malvagia a comparire dal mondo dei morti, e “Malaria Magdalena”, che tira fuori all’improvviso un riff thrash che più thrash non si può, con tanto di “gang vocals” a rendere il tutto ancora più tamarro prima di venire invasi da blastate feroci. I Letheria si dimostrano band matura che ha sapientemente scritto un platter apprezzabile e scorrevole, nonostante si tratti di un disco lontano dai meandri della musica pop. Lo spaziare tra il death con venature black che incontrano il thrash e il classic heavy (soprattutto nelle soluzioni solistiche) crea quella freschezza che spesso manca ai dischi dello stesso genere nel mondo underground, aiutato anche da una produzione potente e pulita con chitarre e batteria incazzate e la voce di Pellinen pari a quella di un fumatore turco con 60 anni di tabagismo alle spalle (e posseduto). La trafila per arrivare sin qui è stata lunga ma a questo punto possiamo dire che è valsa la pena aspettare.