Esordiscono direttamente con un lavoro sulla lunga distanza i francesi Lugnasad, band di recente formazione nella quale militano membri dei più noti Merrimack e Anus Mundi. Il nome del gruppo deriva da una festa gaelica che si svolgeva nel mese di agosto, legata alla celebrazione del raccolto e della fertilità. I testi – opera del leader e singer Vestal – invece sono ispirati dagli scritti di Ezra Pound, Julius Evola, Raymond Abbelio e René Guénon e trattano della decadenza della civiltà occidentale e dell’imminente avvento del Kali Yuga, ad esclusione della conclusiva suite “Scarified”, che molto più prosaicamente racconta di torture e suicidi. Questo è il substrato concettuale che sta alla base del disco: forse un po’ confuso e superficiale ma senz’altro affascinante. Musicalmente il quintetto parigino non inventa nulla: i nostri sono infatti fautori di un solido e quadrato black metal di stampo tradizionale con qualche influenza death oriented, giocato su tempi mai troppo veloci e caratterizzato da un afflato a suo modo sinistramente epico. La cosa peggiore dell’album è il cantato di Vestal, a metà strada tra screaming e growling, che si rivela abbastanza monocorde ed appiattisce l’espressività dei pezzi. Il maggior pregio è invece rappresentato dalla capacità della band di inserire nella struttura dei pezzi linee melodiche accattivanti, dal piglio decisamente heavy ma molto tristi e malinconiche. Quando questo avviene in modo fluido, come ad esempio in “Xerolagnia” e “Novus Ordo Seclorum”, tornano alla mente reminiscenze di Dark Funeral, Lord Belial e Hypocrisy. Da segnalare anche la plumbea ed oppressiva “The Veiled Whore”, episodio particolarmente granitico e cadenzato, dal sapore quasi rituale. In generale però si ha l’impressione di un’eccessiva lungaggine: le canzoni presentano tutte un minutaggio piuttosto sostenuto e ciò dilata eccessivamente i tempi a discapito della resa finale dell’opera. “Smell Of A Grey Sore” ha comunque più di uno spunto interessante e, per essere un debutto, si guadagna sicuramente un’ampia sufficienza. I Lugnasad dovrebbero smussare alcune spigolosità del songwriting per dare vita ad un seguito meno dispersivo.
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