Nato inizialmente come side project, “Prosatanica Shooting Angels” è divenuto di fatto il quinto capitolo della carriera di Kanwulf. Un album che probabilmente ha deluso coloro (me compresa) i quali si aspettavano un nuovo lavoro sulla scia del precedente “Geliebte Des Regens”, che porta l’impronta dei capolavori “Herbstleyd” e “Amarok”, unici nella loro bellezza e spontaneità. L’album in questione è in poche parole un discreto disco di black metal piuttosto canonico, che risente pesantemente dell’improvvisa virata di stile, già accennata, con risultati decisamente più soddisfacenti, in “Black Metal Ist Krieg”. I nove pezzi si attestano su livelli sufficienti, presentando ora momenti in perfetto stile Nargaroth, come in “Black And Blasphemic Death Metal”, ora momenti più tipicamente black avvolti da un’atmosfera fredda e “old” alla Darkthrone. Il guitar riffing, zanzaroso ma sempre ben distinguibile, è sostenuto da una sezione ritmica martellante e incessante, e da vocals come sempre molto efficaci, a tratti effettate da un riverbero che inevitabilmente ricorda le prestazioni vocali della sopraccitata band norvegese. Non mancano altresì alcuni inserti ambient, purtroppo scialbi e impersonali, privi del fascino e dell’intensità caratteristica delle song più atmosferiche del passato. Uno dei due pezzi in questione “The Dark Side Of The Moon” è stato realizzato con degli spezzoni di dialogo estrapolati da un film horror in cui il protagonista impersonifica il diavolo. Buona la conclusiva “I Bring My Harvest Home”, che, con i suoi riff struggenti e disperati, si discosta leggermente dal resto delle songs, ricordandoci il recente passato della band. Eccellenti le foto nel booklet, che ancora una volta sottolineano la natura provocatoria e volutamente esagerata di Kanwulf, che certamente avrà attirato contro di sé l’odio e l’antipatia di chi non ha abbastanza cervello per comprendere l’ironia di un personaggio che in tal modo riesce nell’intento di far parlare di sé, nel bene e nel male. Vero è che i testi sono stati buttati giù nell’arco di un’ora e la musica è stata scritta e registrata in 12 ore, l’immediatezza con cui è stato concepito l’album è ben percepibile e aumenta la distanza abissale che lo separa dalle composizioni più atmosferiche e riflessive degli anni addietro. Prendere o lasciare, io prendo, anche se con un pizzico di amarezza…
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