Nordmen – Nordmen

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Ritorna, dopo ben sette anni di silenzio (tanti infatti ne sono trascorsi dal full length di debutto “Vertus Guerrieres”, pubblicato nel 2003), Nordmen, solo project proveniente dal Quebec, dietro il quale si cela Athros, personaggio attivissimo nella scena underground canadese ed in forza a realtà ormai piuttosto note come Forteresse e Brume D’Automne. Questo ep, senza mezzi termini, è da brividi e segna una crescita enorme rispetto al lavoro d’esordio, decisamente ancora acerbo e poco personale sotto diversi aspetti. Il riff iniziale dell’opener “Funeste Destinée” è semplicemente spettacolare: intriso di malinconica disperazione e con un flavour tipicamente finlandese, rende immediatamente giustizia ad un pezzo che prosegue in modo superbo, alternando una parte centrale cadenzata e sofferta, nella quale fa la sua comparsa anche un assolo di stampo burzumiano, ad un finale che vede la ripresa del veloce riff d’apertura. La seguente “Écho Septentrional” si apre con un arpeggio acustico che sfocia presto in una ballata folkeggiante. Si tratta di una lunga suite di oltre otto minuti di durata, caratterizzata da cambi di tempo giocati tutti su atmosfere grigie e nostalgiche, perfetta nel bilanciare magiche melodie dal sapore folk con la rabbia furiosa del black metal di stampo nordico, dipingendo con maestria paesaggi immersi nel gelo dell’inverno: un equilibrio nel quale black e folk si compenetrano intimamente, come mi era capitato di ascoltare soltanto nelle canzoni migliori di capolavori come “Sary Oy” dei Darkestrah o “Huldrafolk” dei Wyrd. La conclusiva “Retour Vers La Noirceur” vira invece verso sonorità più violente ed a tratti quasi thrasheggianti, pur mantenendo un andamento meno accelerato nel chorus, con un mood che riporta alla mente gruppi come Nargaroth e Satanic Warmaster. La produzione è ineccepibile: sporca e soffocata, sulla scia dei vecchi Darkthrone, ma senza scadere nella cacofonia e nell’inascoltabile, con un ottimo bilanciamento dei suoni anche per quanto riguarda gli strumenti tradizionali, le chitarre acustiche e le tastiere. Poco più di venti minuti sono più che sufficienti per creare un masterpiece (perché la quantità non è necessariamente sinonimo di qualità, anzi), e questo disco lo è, senza dubbio. Un lavoro meditativo, da ascoltare in solitudine, che fa tornare indietro nel tempo, agli albori del genere, quando il black metal era davvero musica per pochi e veicolo di emozioni negative, profonde ed autentiche.