Esordiscono con questo mini album, dalla durata in verità piuttosto consistente, gli statunitensi Pale Chalice, quintetto proveniente per la precisione da San Francisco. I nostri propongono un black metal che vorrebbe essere “moderno” ed “evoluto”, quanto meno sotto il profilo delle liriche e dell’attitudine, ma che, a conti fatti, si rivela abbastanza convenzionale. Questa non vuole essere assolutamente una critica dal momento che il gruppo, pur ricalcando i sentieri più consueti, dimostra di possedere qualche freccia al proprio arco. Le strutture dei pezzi, tutti mediamente lunghi, sono infatti quadrate e solide, con cambi di tempo e di atmosfera ben studiati. Il riffing è granitico e sostenuto, senza mai cadere nella bestialità più selvaggia. Buona anche la sezione ritmica, con un basso non sacrificato ed una batteria precisa e letale quanto basta. Il cantato del singer Ephemeral Domignostika è una sorta di screaming-growling non originale ma comunque efficace e maligno. I punti di riferimento compositivi possono essere individuati nei Leviathan meno depressivi, negli svedesi Craft e negli ultimi Watain, per qualche accenno al classico extreme metal ottantiano che innerva le canzoni. Un dischetto che non esce dal seminato ed alterna una ferocia chirurgica a passaggi più introspettivi e ragionati, senza particolari colpi di genio ma anche senza clamorose cadute di tono: un debutto interessante per una band che potrà forse dire la sua in futuro.
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