Torna a tormentare i nostri padiglioni auricolari Dolore con il suo progetto Vita Odiosa, one man band che giunge con questo “Giorni Felici” alla sua terza fatica. Si tratta di un album completamente autoprodotto, che trasuda attitudine underground sotto ogni profilo. L’originalità non è mai stata una peculiarità di Vita Odiosa e quindi non aspettatevi particolari novità stilistiche da questo lavoro ma soltanto onesto ed (in)sano black metal depressivo, che riprende in modo pedissequo i noti ed abusati tratti distintivi di questo sottogenere e ricalca le consuete influenze, che vanno dagli Abyssic Hate (omaggiati con la cover della celebre “Depression Part. I”, che non riesce però a ricreare a dovere l’atmosfera malata e tetra dell’originale), ai primi Shining, Forgotten Tomb, Wigrid e Silencer. Non c’è progressione evolutiva in Vita Odiosa (e questo aspetto probabilmente interessa poco a chi sta dietro al progetto) e non è facile cogliere particolari differenze tra questa e le due release precedenti: i suoni sono leggermente più cupi e polverosi e si nota un approccio più ironico alla materia depressive, come si evince dal titolo e dal sarcastico “welcome” che campeggia sul dischetto, invitando l’ascoltatore ad entrare in un mondo dove la disperazione, la disillusione e l’amarezza regnano sovrane. Per il resto nessuna novità: pezzi lunghissimi, costruiti su un riffing essenziale e ripetitivo e su alcune minimali linee di tastiera avvolgenti ed evocative, che fanno da sfondo ad un cantato rauco e soffocato, poco comprensibile; qualche sparuto sprazzo di violenza e la consueta citazione filmica (questa volta tratta da “Fight Club”). I difetti di questo lavoro sono quelli che fin dagli esordi hanno caratterizzato l’opera di Vita Odiosa e che anche in questa occasione si ripresentano puntualmente: l’eccessiva monoliticità e pesantezza di alcune soluzioni (voluta?), l’assoluta mancanza di variazioni sul tema, il suono della drum machine troppo sintetico e davvero non adatto al feeling che l’album vorrebbe trasmettere. In ogni caso, pur con tutti i limiti sottolineati, si tratta di un disco che ci accompagna in un viaggio malinconico e triste verso la banale fine rappresentata dalla morte, che è la dissoluzione di tutto: non c’è speranza nè paura ma soltanto consapevolezza. Da ascoltare rigorosamente nello stato d’animo adatto altrimenti la noia rischierà di sopraffarvi.
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