Burzum – Fallen

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“Fallen”, come noto, è la seconda fatica sulla lunga distanza di Burzum dopo l’uscita dal carcere di Varg Vikernes. Per alcuni versi questo disco prosegue il discorso iniziato nel precedente “Belus” mentre, sotto altri profili, incarna un’evoluzione sonora assolutamente atipica nel panorama black metal, allontanandosi sensibilmente dai consueti stilemi del genere, pur mantenendo le proprie radici saldamente piantate nella tradizione dei primi anni novanta. Non si può assolutamente parlare, come qualcuno ha fatto, di ritorno alle origini perchè nulla sarebbe più lontano dalla realtà: l’ascolto rivela invece un lavoro incredibilmente fresco e spontaneo ma, al tempo stesso, “old school” nella concezione e nell’attitudine. Il Conte intraprende una ricerca coraggiosa che lo conduce ad uno stile personalissimo (un percorso simile lo avevano compiuto Quorthon con i suoi Bathory e Rob Darken con i Graveland), una sorta di extreme pagan metal dalle tinte peculiari, contemporaneamente oscuro e solare, apollineo e dionisiaco, che quasi certamente troverà nel corso degli anni a venire la consueta pletora di imitatori, com’è avvenuto praticamente per tutte le opere di questo artista. “Fallen” è un disco costruito essenzialmente sulle trame chitarristiche, che sono scarne e dirette come sempre, ma in grado di veicolare emozioni diverse, tutte pervase da un che di mistico. La semplicità del riffing non coincide in questo caso con l’immediatezza della proposta: siamo infatti di fronte ad un lavoro dalle molte sfumature, che necessita di svariati ascolti per essere compreso appieno. La linearità, specie dei tempi di batteria, e l’andamento ripetitivo ed ipnotico dei pezzi sono tratti distintivi che riportano ai vecchi lavori del Conte, così come il suono delle chitarre, registrate a volume molto alto, è un altro marchio di fabbrica inconfondibile. In alcune occasioni poi il nostro cede alle lusinghe dell’autocitazionismo (in questo senso la canzone più saccheggiata è senz’altro “Jesus’ Tod”): ma sono più le diversità che i punti in comune con la precedente produzione targata Burzum. Innanzi tutto il cantato, che è distante anni luce dallo screaming straziante usato in passato da Vikernes. Se già in “Belus” avevano fatto la loro comparsa in diversi momenti le clean vocals, in questo disco, se non preponderanti, acquistano almeno pari dignità rispetto ad uno screaming sì rauco ma decisamente più composto e meno disumano. Le parti in clean vocals sono poi molto varie perchè spaziano da momenti recitati ad altri sussurrati ad altri ancora cantilenanti e conferiscono grande versatilità ed orecchiabilità ai chorus, che si stampano nella memoria con facilità. Altro elemento di novità è l’uso del basso, mai così in evidenza nelle canzoni di Burzum, dal suono particolarmente profondo e corposo. “Jeg Faller”, “Vanvidd” e “Budstikken” si candidano a diventare i classici di un album maturo e consapevole, che riesce ad essere a suo modo bucolico, epico e tragico ad un tempo. L’immagine di copertina, tratta da un dipinto di W.A. Bouguereau ed i disegni di argomento mitologico del booklet sono la perfetta rappresentazione visiva dell’equilibrio e della forma neoclassica che il Conte ha conferito alla propria musica: una sorta di rivoluzione nella continuità che è necessariamente sinonimo di genio compositivo.

REVIEW OVERVIEW
Voto
85 %
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burzum-fallenTRACKLIST <br> 1. Fra Verdenstreet; 2. Jeg Faller; 3. Valen; 4. Vanvidd; 5. Enhver Til Sitt; 6. Budstikken; 7. Til Hel Og Tilbake Igjen <br> DURATA: 48 min. <br> ETICHETTA: Byelobog Productions <br> ANNO: 2011