Esordio direttamente sulla lunga distanza, limitato a sole duecento copie numerate a mano, per il progetto Plaag, one man band proveniente dal Belgio (dalle Fiandre per la precisione), dietro la quale si cela il mastermind Somber. Lo stile proposto è un black n’ roll (per la verità poco black metal e molto rock ‘n’ roll, anche come attitudine) sporco, grezzo, maleducato, ubriaco e ignorantissimo, suonato però con una certa abilità tecnica. I numi tutelari di questo artista sembrano essere gli ultimi Carpathian Forest ed ancora di più il solo project di Nattefrost, dai quali riprende l’atteggiamento scanzonato ed irriverente, la carica provocatoria e l’ironia di fondo. Nonostante la grande linearità del riffing e delle strutture compositive, il nostro riesce comunque a dare prova di una qualche versatilità, mantenendo costantemente desta l’attenzione dell’ascoltatore. Si passa infatti dal thrash veloce e d’impatto dell’opener e della successiva “My Satan” (nella quale si descrivono gli strumenti utilizzati dal grande tentatore per indurre al peccato l’umanità), alle irresistibili trame melodiche che si uniscono ad un riff portante granitico e roccioso in “Silently Beaten To Death”, dall’attacco acustico di “Carl”, canzone dal feeling piuttosto cupo, atipica all’interno dell’album, alla delirante e nevrotica “Steelteehed”. Impossibile poi non citare quello che è indiscutibilmente il brano più cazzone del disco, ovvero “Christmas Time (The Birth Of A Retarded Child)”: una linea di chitarra che riprende le note di “Jingle Bells” seguita da un assalto frontale punkeggiante senza respiro, per celebrare in modo originale la nascita del bambino ritardato. Siamo di fronte ad un disco musicalmente vario e valido, che non si prende mai sul serio e gioca con un approccio volutamente trash (senz’acca). Se amate gruppi come Horned Almighty e non vi stancate mai di ascoltare i cari e vecchi Venom, nella proposta dei Plaag troverete senz’altro pane per i vostri denti.
